Corriere Della Sera - L'Economia (25/11/2019)
Il salvataggio di un’azienda in amministrazione straordinaria, cioè vicina al fallimento, ha tanti rischi. Ma soprattutto uno: trasformarsi in una specie di procedura per l’espianto degli organi, dove i pezzi migliori vengono effettivamente salvati e cioè comprati da altre aziende perché hanno mercato.
Mentre tutto il resto viene buttato via, compresa una bella dose di fatturato e quindi di posti di lavoro che invece si potrebbero tenere in vita. Spesso va così. Ma non sempre. E un piccolo caso di scuola è quello di Securpol, uno dei più grandi operatori italiani nel settore della vigilanza, con quaranta anni di storia, 650 dipendenti, 15 sedi sparse in tutta Italia e un fatturato da 20 milioni di euro.
Un po’ di storia. La società era entrata in amministrazione straordinaria nel novembre del 2017. E poche settimane fa è stata venduta a una cordata formata dai tre principali operatori italiani del settore della vigilanza, Sicuritalia, Battistolli e Cosmopol, che messe insieme hanno 20 mila dipendenti e un fatturato da un miliardo di euro. Il contratto di vendita prevede l’acquisizione dei 13 rami d’azienda della Securpol per 14 milioni di euro.
Saranno assorbiti subito 322 dipendenti mentre gli altri 200, un altro centinaio è uscito volontariamente in questi due anni, entreranno a far parte di una lista dalla quale gli stessi acquirenti saranno tenuti a pescare per le assunzioni che faranno nel corso dei prossimi due anni. La lista non è un miraggio. Perché, considerato il buon ritmo di crescita delle tre aziende che compongono la cordata, è ragionevole pensare che tutte le persone che ne fanno parte saranno gradualmente assunte.
Nel frattempo, grazie al sostegno del ministero dello Sviluppo economico, ad aiutarli ci saranno gli ammortizzatori sociali, cassa integrazione ma non solo. "Abbiamo evitato l’espianto degli organi e siamo riusciti invece a curare il malato" dice Italo Soncini, managing director di Alvarez & Mar-sal, il commissario straordinario di Securpol, nominato dal ministero dello Sviluppo economico nel dicembre del 2017. "La strada seguita — spiega — è stata quella di riportare Securpol in piena operatività per poi vendere la società, il tutto in meno di due anni dall’avvio della procedura. Così abbiamo garantito l’assorbimento di buona parte dei dipendenti in gruppi grandi e solidi dal punto di vista economico".Non è stato un caso, naturalmente. Ma il risultato delle scelte che sono state fatte fin dal primo momento. La cura sul posto. Per il ruolo di commissario straordinario, in Italia, spesso viene scelto un avvocato o un commercialista, persone magari anche molto preparate, ma che raramente hanno gestito in prima persona un’azienda. E che per questo possono essere tentati di seguire, con le migliori intenzioni, una logica puramente liquidatoria, cioè di cessione dei pezzi pregiati dell’azienda per salvaguardare in primo luogo i creditori.
Non solo. In alcuni casi quello del commissario rischia di diventare un mestiere in quanto tale, con la possibilità di svolgere lo stesso ruolo in più di un’azienda. E con tutte le inevitabile ricadute che questo comporta in termini di tempo da dedicare al singolo dossier, di conoscenza reale del-l’impresa, delle sue dinamiche. E anche di presenza fisica in azienda che, specie quando le cose vanno male, può fare la differenza. Nel caso di Securpol è stato scelto non un commissario classico ma un manager vero e proprio, come Soncini. Del resto Alvarez & Marsal è un network della consulenza internazionale specializzato proprio nella gestione di situazioni di crisi complesse e di turn around, cioè di piani di risanamento e di ristrutturazione profonda.
Il commissario Soncini, con il suo staff, si è trasferito fisicamente in azienda perché nei due anni di amministrazione straordinaria questo è stato il suo lavoro. "E questo approccio — spiega lui stesso — ci ha consentito di gestire in modo tempestivo tutte le urgenze che sono inevitabili in queste situazioni di crisi". I risultati parlano chiaro. La cura del malato è meglio dell’espianto degli organi. Non solo per il malato ma anche per il sistema, perché un’azienda che chiude è sempre un costo per il Paese. Una lezione da tenere a mente visto che, purtroppo, quello delle aziende in amministrazione straordinaria è un mercato destinato a non diminuire.